Zucca_bianco

Una volta, tanto tempo fa, avevo pensato di unire il mio interesse per il cibo, per la cucina, al mio (incerto) percorso accademico e dargli uno scopo specifico sfruttando la mia laurea in psicologia. O forse era più per far fruttare la laurea...(?). Non parlo delle scelte alimentari quali espressione di uno stato psichico, ma del processo inverso: suscitare, stimolare, favorire un dato stato mentale o emotivo attraverso la specifica scelta di ciò che mangiamo. Fantasia, con un mero e riprovevole obiettivo commerciale se prendiamo la cosa da un (anche solo semi-serio) punto di vista clinico. A ciò poi si aggiungerebbe la necessità che le persone a questo mondo fossero alimentopatiche (scusate il neologismo), come sono io. Tra le mie conoscenze più strette, ad esempio, annovero piacevolissime e intelligenti personalità che potrebbero benissimo nutrirsi di capsule insapori o che, bendate, non sarebbero in grado di distinguere del miele da una mela cotta. Principio di base, quindi, fallito in partenza.
Ad ogni modo, deliri a parte, è sicuramente vero che alcuni alimenti contengono sostanze che, direttamente o innescando processi, interferiscono sull'umore e sullo stato generale di benessere, così come è vero che non solo la 'piacevolezza', l'estetica, ma anche i colori di ciò che mangiamo possono essere in grado di stimolare in noi specifiche reazioni, spesso emotive.
Il colore, inoltre, è sovente indice della presenza di determinate componenti, una dieta equilibrata è una dieta variegata su tutta la linea, anche cromaticamente parlando.

Mi è stato regalato un libro di cucina. Non classicamente inteso.
Mi piace.
Mi piace fin dalla carta.
Mi piacciono le foto, mi piace l'idea di suddividere gli interventi culinari in colori. E poi contiene informazioni utili anche sui prodotti usati, sulle loro caratteristiche, la provenienza e la reperibilità. 




E' tanto che ci giro attorno, al libro. Lo sfoglio, lo chiudo. Lo riprendo, leggo. Vorrei replicare qualcosa, ma come di fronte a tutti i libri (e i siti, i blog, i video...) di ricette quando lo apro mi confondo un po'. Mi ispiro, 'rubo' dei dettagli o delle idee, ma raramente sono in grado di seguire le indicazioni alla lettera.



Non sarà questa l'eccezione alla regola.
Avevo solo bisogno di riportare luce e pace nella mia giornata, come spiegano poeticamente Daliah e Nicola. La fortuna ha voluto che il contadino avesse delle piccole, bellissime, candide zucche.





Per due persone.
Zucche (diametro 12 circa) 2
Latte 1/3 bicchiere
Panna di soia 2 cucchiai
1 patata piccola
Verbena fresca, qualche foglia
Olio EVO, due cucchiai
Pancetta una fetta
Pane, due fette piccole
crema di zucca bianca
Crema di zucca bianca profumata alla verbena

Lavare le zucche e svuotarle dai semi. Tagliate a pezzi grossolani, bollirle in acqua salata con la patata. Le mie erano bio e tenerissime, ho tenuto anche la buccia.
Spezzare le foglie di verbena e fare un'infusione nel latte bollente. Lasciar raffreddare leggermente e aggiungere l'olio, emulsionare (mescolare).
Accendere il forno a 200°, stendere la pancetta (tagliata a proprio piacere) sulla carta da forno, appena questa si rosola girarla e appoggiarla questa volta sulla fetta di pane, in questo modo il pane verrà condito. Schiacciare la patata a mano.
Nel mixer inserire la zucca scolata, latte (filtrato, non vogliamo le foglie di verbena né la pellicola che si è formata), la panna e frullare fino a che si creerà un composto omogeneo. Aggiungere la patata un po' alla volta, azionando il mixer a impulsi. La zucca in questione ha un sapore talmente delicato che ogni elemento aggiunto rischia di prevalere, vale anche per il latte e la panna. Se la patata viene frullata ad alta velocità l'amido crea un aspetto appiccicoso. Valutare a proprio gusto. Aggiustare di sale, impiattare, aggiungere pepe macinato a fresco e servire, tiepida.
Delirio di coda...: Mangio mezza crema e poi pancetta e pane croccanti che creano un intervallo grintoso. Grazie all'acidità del pomodorino elimino i residui grassi e saporiti che mi impedirebbero di gustare ciò che resta della zucca.



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